Logistica e Coronavirus: la Liguria ipotizza un’operazione dal costo di alcuni miliardi per la sopravvivenza e il rilancio di un settore strategico. Il ruolo dello Stato è determinante

Logistica e trasporto svolgono (sempre) un ruolo di primissimo piano nell’economia di un Paese, ma mai come in questi giorni è sotto gli occhi di tutti.

Seppur strategico e vitale, secondo gli addetti ai lavori, si tratta di un settore che necessita – immediatamente – di una terapia d’urto finanziaria.

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In particolare, ne è convinto Alessandro Laghezza, presidente di Confetra Liguria e della sezione logistica di Confindustria La Spezia, nonché imprenditore. Il quale ha spiegato: “La consapevolezza delle funzioni strategiche stanno mettendo a nudo la fragilità strutturale di un settore. Che è sottocapitalizzato e non in grado di sostenere un’emergenza come è quella che incombe sul Paese”.

“Se crolla la catena logistica – ha aggiunto – collassa l’intero apparato produttivo e distributivo italiano, compromettendo in anticipo qualsiasi anche ipotetica prospettiva di ripresa post emergenza coronavirus”. Affermazioni forti e veritiere al contempo, che fanno da premessa a una proposta altrettanto forte. Ma tesa a contrastare lo tsunami economico che sembra essere in arrivo subito dopo quello sanitario. Vediamo nel dettaglio le proposte per risolvere il problema “logistica e coronavirus”.

Le proposte di Confetra per il rilancio della logistica

Per contrastare la crisi dei trasporti e della logistica, le proposte di Confetra (confederazione generale italiana dei trasporti e della logistica) al Governo vanno in diverse direzioni. Da quella immediata di supporto finanziario ed economico, a quella di riduzione del costo del lavoro (agendo sul cuneo fiscale). Per arrivare a un progetto strategico di medio lungo termine che ponga logistica e infrastrutture al centro di un grande piano di ricostruzione e rilancio del paese. La confederazione sottolinea la necessità di procedure snelle e basate su autocertificazioni e controlli a posteriori e non sui soliti e infiniti filtri burocratici. Sulla base di queste proposte, Laghezza ha tarato la sua, che consta sull’anticipo immediato senza oneri del 50% delle fatture non pagate tramite cassa depositi e prestiti (proposta Confetra). O, in alternativa e per le Pmi (piccole e medie imprese), prestito automatico immediato erogato o garantito dallo Stato pari al 10% del fatturato dell’anno 2019. Con una componente a fondo perduto variabile tra il 10 e il 20% del prestito stesso in base alle dimensioni e alla tipologia dell’impresa.

Per fare un esempio concreto

un’azienda con 10 milioni di fatturato si troverebbe quindi a ricevere liquidità immediata di un milione. Dei quali dovrebbe restituire nella migliore delle ipotesi, in un tempo non inferiore a un anno e con rate triennali, l’80%, ossia 800mila euro. La differenza, ossia 200mila, resterebbe come contributo in conto capitale, a copertura almeno parziale delle perdite maturate nell’anno. Fatta salva la possibilità di un maggior ristoro per le imprese più colpite, sulla base dell’effettivo calo di fatturato riscontrato a fine 2020.

L’intervento, è chiaro, deve essere diretto dello Stato. Si tratta di un’operazione dal costo di alcuni miliardi,  ne è consapevole Confetra e anche il presidente ligure. M si tratta della sopravvivenza e del rilancio di un settore che vale nel suo complesso il 9% del Pil italiano ed è strumento essenziale per altri 30 punti di Pil, ossia il valore l’export made in Italy.

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