Via libera da parte del governo all’apertura dei magazzini aziendali di quelle aziende oggi ferme per effetto della chiusura generale a contrasto della pandemia da coronavirus. La norma, richiesta da settimane dal comparto della logistica, è contenuta nell’ultimo decreto del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm) entrato in vigore venerdì. In pratica quello che estende le misure eccezionali contro il virus fino al prossimo 3 maggio. Così, all’articolo 2, ultimo comma, si legge che «per le attività produttive sospese è ammesso, previa comunicazione al prefetto, l’accesso ai locali aziendali di personale dipendente o terzi delegati. Per lo svolgimento di attività di vigilanza, attività conservative e di manutenzione, gestione dei pagamenti nonché attività di pulizia e sanificazione». Ma soprattutto è consentita, sempre dopo aver avvertito la prefettura, «la spedizione verso terzi di merci giacenti in magazzino nonché la ricezione in magazzino di beni e forniture».

Passaggio fondamentale per il mondo della logistica, e in particolare per gli spedizionieri.

I quali si trovano, come ha spiegato alcuni giorni fa Silvia Moretto, presidente di Fedespedi (l’associazione nazionale di categoria), a dover anticipare i costi di deposito nei terminal portuali. Con un esborso che al netto della franchigia varia dai 35-30 euro al giorno per un container da 20 piedi. Fino ai 130-170 richiesti per un container refrigerato. Per periodi di stazionamento in porto che vanno dalla settimana a punte di 30 giorni.

Una situazione che ha portato il settore – che già abitualmente anticipa i costi di trasporto – a un’esposizione bancaria di 2,5 miliardi di euro.

Lo sblocco dei magazzini aziendali dovrebbe tra l’altro consentire ai porti una migliore gestione dell’onda lunga delle merci in arrivo dai porti cinesi, che nel frattempo hanno ripresoa pieno regime. Consegnando quindi i pezzi in sospeso degli ordinativi di inizio anno, anche se il calo delle importazioni rende meno assillante questo problema. Per Guido Nicolini, presidente Confetra, questa è la soluzione di una vicenda «delicatissima. Che da settimane stava impattando negativamente sul ciclo operativo del trasporto e della movimentazione delle merci. L’apertura dei magazzini delle imprese produttrici attualmente ferme, consente di riprendere consegne e trasporto di merci acquistate o prodotte entro il 22 marzo, data del primo lockdown. Questa – aggiunge Nicolini – è anche la soluzione al problema del congestionamento crescente dei centri logistici e degli hub infrastrutturali di transito.

Sul fronte internazionale.

Sul fronte internazionale, il gruppo Msc – che sotto il profilo armatoriale è il primo cliente dei porti italiani ma a sua volta terminalista e operatore logistico – nei giorni scorsi si è mosso. Per contrastare il problema dei magazzini chiusi o comunque dei comprensibili ritardi da parte delle aziende-clienti finali nella presa in carico della merce ordinata. Avviando una sospensione della tariffa di transito negli scali di transhipment gestiti dal suo braccio terminalisitico. In pratica, facendo fare da magazzini aziendali temporanei (escluse merci pericolose, container refrigerati e carichi eccezionali) a terminali di trasbordo controllati dal gruppo. E localizzati in Medio Oriente, Africa Occidentale e anche Europa, a indicare che il problema in questo momento non è soltanto italiano. Tra questi terminal c’è il Medcenter di Gioia Tauro, che si aggiunge, per quanto riguarda il Vecchio Continente, alle strutture di Bremerhaven, Klaipeda e Las Palmas

 

Via: https://www.themeditelegraph.com/

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